Sogni

Qualche notte fa - o ero bambino? Ho sognato di essere qui.


Davano una qualche opera di quelle che piacciono a me, coi protagonisti che battibeccano e i pennacchi ondeggianti, e lo spadino di latta che trilla alla cintola degli eroi. Ma il recitativo era lontano, e io mi sono preso il gusto di correre per le volte infinite. C'era un cielo così azzurro, là sopra le arcate di marmo bianco. O erano note? Una ouverture tuonava in un salone, e io sono fuggito nell'angolo opposto. Ho cercato di alzarmi in volo. Nei sogni mi succede spesso; è come nuotare. Se uno trattiene il respiro, e non si muove, e non fa peso, viene tirato verso l'alto, e vola. Ma se fa troppi movimenti inconsulti declina verso terra, come se affondasse. Ho cercato di volare, ho galleggiato tra un picco e l'altro delle colonne, tra un balcone e l'altro. Sono atterrato sulla vetta di un frontone bianco, e vedevo un porticato infinito, e dall'altra parte del muro i rampicanti, l'edera, il chioccolio della fontana mi facevano pensare ad un giardino. Ecco cosa mi tirava verso il pavimento: l'addobbo scenico. Bisogna che mi riunisca ai colleghi: devo cantare nell'opera. Eccolo là, il quintetto. Io devo intrecciare la mia linea melodica con quello a destra:


Poveretto, che vita. Fa il castrato soprano. Ha dieci fratelli e un babbo che a mali estremi ha pensato bene di. Ma d'altronde sono tanti come lui, nei sogni. Appena mi vede avanzare, con l'elmo che fra un po' gli rotola sugli occhi, ha appena il tempo di inveirmi contro un paio di endecasillabi. Sono in rima. Ahia, il recitativo è finito. Dove sono gli altri? Il terzetto del secondo atto è cominciato, la musica è partita, il contralto apre modulando la sua frase, il castrato soprano le risponde. Il basso entra per ultimo, ovviamente. Faccio la parte di un re indiano con due figli turbolenti e due mogli galline. Che il compositore me la mandi buona.

Commenti

Anonimo ha detto…
E' completamente intriso di te e del tuo immaginario, e ha qualcosa di tenero.

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