Immaginarseli vivi (3)

I personaggi di questo dialogo sono esistiti; gli avvenimenti a cui partecipano hanno avuto luogo. Sulla loro mentalità e i loro caratteri, dovrete fidarvi dei miei venti-e-qualcosa anni di esperienza come Homo sapiens sapiens e i quindici-e-passa di pasticci con la storia antica.

giardino del palazzo di Alessandria d'Egitto, in un torrido agosto del 258 avanti Cristo. Sullo sfondo, la città brulica di vita; il porto è fitto di vele. Le grida dei mercanti ammassati nelle ἀγοραί gonfiano l'aria grossa e scura.

Il giardino è circondato da palmeti che ombreggiano le tenere fioriture attorno ai laghetti e ai sentieri di terra battuta. Seduto su uno sgabello, Apollonio sta dettando ad uno scriba la nota spese delle νομοί del Delta. Entra dal palmeto a sinistra, con fare timido e la tunica impolverata e lisa, Zenone.

APOLLONIO (dettando) - E per la ricostruzione dell'ala del Serapèo crollata, ottantamila dracme. Segna però a lato che metà le ha pagate Antìpatro di tasca sua, come saldo di quel vecchio debito. Devo ricordarmi di fare la ricevuta.
ZENONE (si fa avanti ancora) - Disturbo?
APOLLONIO (si volta) - ...oh, sei tu, ragazzo? Avvicinati pure.
ZENONE (inchino) - Salve, Apollonio.
APOLLONIO - Caro Zenone, bentornato ad Alessandria. Se aspetti che finisco di dettare...
ZENONE - Certo.
APOLLONIO - ...e, dicevo - mi segui, Menes? - che c'era dopo il Serapeo? Si, la bonifica di quella palude fuori Canopo. (parte col suo delirio) Che razza di manino mi sono dovuto inventare per trovare i soldi, per Thot... le casse dello stato regolarmente esauste per queste inutili guerre in Siria, e un povero ministro delle finanze, 'ndo le trova due dracme per uno straccio di bonifica? Dove le trovo, Zenone? M'è toccato confiscare venti σχοῖνοι di terra da un disgraziato giù a Tebe, per...
ZENONE - Ma prima di piangere miseria, dai un'occhiata all'oro che ti ho portato dalle città della Palestina, Apollonio.

(attimo di silenzio)

APOLLONIO - Menes, vai. Raggiungimi più tardi, che finiamo.

(Menes va. Apollonio è scosso)

...ora, giovanotto, non credo di aver capito. Nel tuo messaggio non facevi riferimento a così tanto denaro.
ZENONE (annuendo) - Ma sì, Apollonio. Non ho specificato la cifra, ma ricordo bene di avere scritto che avevo ricevuto ricchi doni in oro ed argento dagli ambasciatori delle città di Giudea, che chinano il capo al re-dio Tolemeo II Filadelfo.
APOLLONIO (rapito) - Affascinante. Come hai fatto ad ottenere così tanto? In così poco tempo, poi? Non dovevi semplicemente indagare sullo stato della mia tenuta a Tolemaide?
ZENONE - L'ho fatto, Apollonio; ma io non so star fermo a lungo; e nei ritagli di tempo ho provveduto a un bel giretto di perlustrazione presso i re di quei paesi. Alcuni non sembravano molto affidabili; nella mia nota troverai i nomi e l'ammontare delle loro forze.
APOLLONIO  - Ah! Splendido. E la mia tenuta sta bene?
ZENONE  - Peuceste l'amministra con onestà, e l'ho promosso; Archita, il locrese, l'ho messo sulla ruota perché rubava. Poi l'ho spedito a coltivare i campi.
APOLLONIO (inarcando un sopracciglio) - Come mai questo attacco di bontà selvaggia, Zenone?
ZENONE (timido) - A me la morte non piace, Apollonio.
APOLLONIO (sbuffando bonario) - E sia!... Tutti dobbiamo avere dei difetti, no?
ZENONE - Per il resto, ho fatto irrigare un paio di ἀροῦραι in più di terreno, ho rimesso in piedi i granai distrutti dal fuoco e ho assunto qualche mercenario per sorvegliare il carico sulla pista che va verso Ascalona. Non si sa mai. Ho incontrato degli ottimi ingegneri, nel mio viaggio: se per caso ti imbatti in Stethoetis il menfita, dagli pure tutto il lavoro che chiede: lo sa fare.
APOLLONIO - Bene, bene, bene.
ZENONE (gli consegna il rotolo di papiro che teneva avvolto in una piega della tunica) - Ed ecco il dossier completo, i miei appunti di viaggio, e il rendiconto.
APOLLONIO (intasca il rotolo) - Alè. Che ragazzo preciso.
ZENONE  - Grazie.
APOLLONIO (pensando) - Devo dirti la verità, Zenone; quando ti ho mandato in Palestina mi aspettavo che ci saresti rimasto secco.
ZENONE  - Ah.
APOLLONIO - Eh, si. Quando sei venuto qui da Cauno - la mia città, capisci? E io lo so come sono i Cari, sono un mischione di razze pigre e testarde - dicevo, mi arrivi da Cauno con una lettera di raccomandazione di tua madre - brava donna! la mia nutrice! - che mi assicura che sei sveglio e buon amministratore. Diciamo che non ci ho creduto subito: ho voluto metterti alla prova con una bella missione ai confini del regno, così ti divertivi - o, alla peggio, ci lasciavi la pelle.
ZENONE - Un po' me lo aspettavo, Apollonio.
APOLLONIO (ridendo) - Dico bene! Ma rilàssati, giovanotto, ti sei comportato come dovevi. Dai tuoi messaggi, e da quanto mi riferivano i miei amministratori, ho visto che sei una specie di carro falcato. Tra l'altro, abbi pazienza: quando sei tornato?
ZENONE - Due ore fa, Apollonio.
APOLLONIO (notando la tunica) - E non ti sei neanche cambiato d'abito?
ZENONE (calmo) - Il tempo di scendere da cavallo, mettere i bagagli negli appartamenti a me riservati a palazzo, e sono corso qui.
APOLLONIO - Per la miseria... mi fai stanchezza solo a guardarti. Siediti.

(si siedono entrambi sull'erba all'ombra di una palma)

Bene, ragazzo. Adesso ti occupi di cose serie. Mi ascolti?
ZENONE - Si.
APOLLONIO (enumera) - Primo: tu ora passi almeno sei mesi qui nel Delta. Mi devi regolare certi problemi di irrigazione e prendere le briglie di alcune tenute del re-dio Tolemeo II Filadelfo, che sono amministrate così così. Hai pieni poteri, e stavolta io sono a due passi, quindi potrai discutere con me a voce quando ti parrà.
ZENONE - Bene, Apollonio. Esattamente, cosa...
APOLLONIO - I dettagli dopo. Prima di spedirti a Canopo, voglio che ti fai un giro per Alessandria e ti riposi un po'. Guardati qualche tragedia, sono arrivate quelle fresche fresche di Frìnico, le hanno copiate giù nella Biblioteca. Che ne so, vai per mercati, sentiti un po' di musica... se ti va, vieni a pranzo da me, oppure seguimi mentre vado su è giù per il Nilo con la mia nave, e poi ti devo presentare a Tolemeo II Filadelfo.
ZENONE (colpito) - Gasp!
APOLLONIO (grave) - Eh, lo so, ragazzo, ma prima o poi ti tocca. Adesso lavori per me, e quindi per lui. Tutto l'Egitto lo fa, ma tu un po' di più.
ZENONE - Si, Apollonio.
APOLLONIO - Seconda cosa. Un anno fa il βασιλεύς mi ha concesso l'usufrutto di una tenuta molto vasta dalle parti di Philadelphia, nel νομός dell'Arsinoìtide. Hai presente, no, quella gigantesca palude a lato del Nilo che da un paio di secoli stiamo bonificando, i Faraoni prima e poi noi?
ZENONE - Credo di si, Apollonio. Vicino al porto di Kerkes?
APOLLONIO - Kerkes è per l'appunto il suo porto sul Nilo. Ora, questa tenuta è mia per modo di dire. Il Filadelfo, ci tiene che io ci coltivi nuove piante, mai coltivate prima in Egitto, per vedere se reggono il clima. Ci siamo messi in testa, io e il Filadelfo, di rendere l'Egitto la potenza principale del Mediterraneo, e ci serve un settore agricolo ben sistemato, non credi?
ZENONE - Direi proprio, Apollonio.
APOLLONIO (continuando) - Ora, questa tenuta è destinata all'agricoltura sperimentale; ma ancora non ci stiamo coltivando granché, perché metà del terreno è palude. Bisogna bonificarlo a dovere, ed estendere la rete di canali per irrigare una maggiore superficie di terreno. Al momento se ne sta occupando Pankrates, e per la rete idrica nuova credo che mi rivolgerò a questo Stothoetis che tu mi dicevi; ma quando avrai finito di lavorare qui nel Delta, tu amministrerai la mia tenuta.
ZENONE - Si, Apollonio.
APOLLONIO (serio) - Ti ci farò restare per molto tempo: mi serve che ci vada un giovane come te, sveglio e che s'intenda di lavori agricoli, di tenute e di canalizzazione. Più tu resti là, e meglio lavori, più io ti favorisco. Puoi metter su famiglia, se credi; non ti spedirò all'altro capo del Mediterraneo troppo spesso.
ZENONE - Va bene, Apollonio.
APOLLONIO (secco) - Ricordati che le dracme non crescono sugli alberi. Il mio ultimo intendente era convinto che potessimo coglierle così, come se fossero dàtteri. Il coglione ora rema sulla mia nave personale. Meno soldi mi butti nella latrina, più io sono contento; va bene?
ZENONE - Siamo intesi, Apollonio. Non sei ministro delle Finanze per nulla.
APOLLONIO (con orgoglio malcelato) - Oh, no: solo un vero tirchio potrebbe far fronte alle necessità di questo re. Ma d'altronde, s'ha da romper le corna ai Seleucidi, o no? E allora i soldi si troveranno altrove. Non cominciare a sconfortarti, Zenone; sono problemi, ma sono problemi risolvibili: e in Egitto si sta bene, una volta che ti abitui alle piene del Nilo.

(pausa)

ZENONE (assorto) - Non c'è bisogno che mi rassicuri, Apollonio: non rimpiango la mia piccola casa a Cauno, e le sere passate a fare a pugni coi figli dei contadini vicino alla fontana. In Caria si rimane sempre bambini, e non a caso tu sei qui. C'è stato un momento - credo, mentre cavalcavo verso il Giordano, ed ero solo... il deserto era dietro di me, e le montagne si coloravano di un verde tenue e di un rossiccio secco, e le mura di Gerusalemme erano ancora lontane. Ho sentito come di appartenere a niente: e sono stato così felice.

I due stanno in silenzio a pensare. Menes rientra, e Apollonio ricomincia a dettare. Zenone si stende sul prato, stira il suo corpo di ragazzo di Caria che corre tra le rocce, chiude gli occhi e inspira il profumo del mare.

Commenti

Io ha detto…
Bravo. Bene. Si, molto bene. Continua così

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