Quel 12 luglio (III)




D. La prese male, ne deduco.
R. L’ho presa malissimo. Ma qui siamo impazziti tutti. Non si porta mai via il boccone di bocca a un predatore, a meno che tu non sia un predatore molto più grosso. Sennò la paghi. Soprattutto non si porta via il boccone di bocca a uno squalo. Siamo un po’ fiscali su questo.
D. E quindi, che fece?
R. Ci ho messo qualche secondo per capire dov’era andato, l’acqua era fangosa. Ma eccolo là, in superficie, che regge il corpo della mia preda con la pinna sinistra. Gli vado addosso più veloce che riesco, colpendolo sul fianco destro. Lui scivola in avanti, gli scappa via il cadavere di pinna, ma in quel momento non m’interessa nemmeno più.
D. Perché?
R. Perché ho visto che le pinne di questo rivale sono molto grosse. Forse c’è del grasso? In ogni caso, dall’attacco per difesa passo all’attacco per fame, e gli chiudo le mandibole là dove la pinna gli si attacca al corpo.
D. La coscia, intende dire.
R. Come ti pare, m’importa assai dell’anatomia.
D. E c’era della carne buona?
R. Ancora una volta tutto muscolo e niente grasso, ma pazienza, oltre che affamata ero furiosa. Ho fatto per tirarlo sotto.
D. E lui?
R. Si è difeso. Non mi ero resa conto che con le pinne anteriori potesse dare tanto fastidio. Non ho capito come ma ha preso a sbattermele sul muso, una dietro l’altra.
D. Insomma l’ha presa a pugni.
R. Sì, e io sulla punta del muso sento l’elettricità, per cui se mi vai a dar noia lì, mi dà fastidio molto più che altrove. Poi se l’è presa con le branchie, con gli occhi, un irresponsabile. Non voleva crepare. E poi lo sconcio che è successo dopo!
D. Cosa è accaduto?
R. Di nuovo quel guscio di legno che galleggia, hai presente?
D. La barca?
R. Sì, e mi sono resa conto che c’erano altre creature dentro il guscio. Mentre questo insolente continuava a prendermi a pinnate, pure questi ci si sono messi. Son venuti lì e giù botte. Con una cosa durissima, di legno.
D. Un remo. Sì, erano i compagni di Fisher che cercavano di salvarlo. Oltre a picchiarla col remo stavano cercando di strapparle via Stanley dalla bocca.
R. Ecco. Peggio delle orche, siete. Quant’è più bello quando si vive da soli. Comunque: a forza di botte ad un certo punto mi sono arresa. Ho lasciato andare la coscia di coso, lì, Fisher, e via, con quattro pinnate mi sono diretta verso la foce del Matawan Creek. Decisamente le mie avventure in quel buco infame dovevano finire in fretta.
D. Ma non finirono, giusto?
R. Non farmici pensare.
D. Noi qui abbiamo abbondante documentazione sul fatto che lei tentò un’ultima volta la fortuna, nemmeno mezz’ora dopo aver lasciato andare Stanley Fisher.
R. Ero uno squalo giovane. Sbagliamo anche noi da giovani.
D. Se la sente di raccontarci il suo punto di vista?
R. Allora, andavo dritta come un fuso verso Raritan Bay, e idealmente da lì all’oceano aperto. Ad un certo punto mi accorgo che ci sono altre creature a mollo nell’acqua, proprio a pochi metri da me. Uno in particolare è molto lontano dagli altri.
D. Joseph Dunn. Pochi anni più di Lester Stillwell. Però, abbia pazienza, qui era difficile pensare che questo fosse più grasso degli altri due.
R. Ero esasperata. Avevo fame. Sentivo ancora l’odore del sangue di Fisher per tutto il Matawan Creek. Perché non tentare. Una cosa veloce.
D. Guarda caso, le creature – Joseph Dunn, suo fratello Michael, Jerry Hourihan e altri amici – venivano in quel preciso momento avvisate che c’era uno squalo nel canale.
R. Ecco. Perché io una gioia, mai. In effetti stavano tutti tornando a riva.
D. Tranne Joseph Dunn.
R. No, stava tentando anche lui di uscire dall’acqua. Ma si era appena attaccato a quella cosa lucida.
D. La scaletta.
R. Ecco. Aveva ancora dentro metà corpo. L’ho preso per un piede, e via.
D. Impressioni?
R. Solita delusione. Tutt’ossa. Ma ero talmente infuriata che anziché sputarlo via, come pure ero tentata, ho provato a fare lo stesso numero che con la mia prima preda.
D. Tirarlo sotto?
R. Bravo. Ma pochi secondi dopo, ecco che qualcuno me lo tira via dalla parte opposta. Non ho nemmeno capito da dove. C’era qualcun altro nell’acqua, che tu sappia?
D. Gli amici di Dunn, vedendo che lei lo stava trascinando verso il centro del fiume, hanno fatto una catena umana e lo hanno preso per mano, trattenendolo.
R. E già questo mi ha sconfortata. Manco questo vuol venir via facile?
D. Ad un certo punto lei ha ceduto.
R. Sì. Ho sentito che in acqua entrava una creatura più grossa, e che la preda veniva tirata con più forza.
D.  Questo dev’essere il muratore Robert Thress.
R. Sì, bè, il punto è che io tiravo e tiravo e questi tiravano nella direzione opposta, come dei dannati. Ho lasciato perdere. Non gli ho nemmeno staccato la gamba, tanto c’era solo osso e muscolo.
D. Il giovane Joseph Dunn è l’unico sopravvissuto di quel giorno. Se può consolarla.
R. Mi frega assai.
D. E dopo che è successo?
R. Sono tornata in tutta fretta verso Raritan Bay, e poi verso sud, nei miei mari consueti. E da allora sto lì.
D. Ha avuto altri contatti con esseri umani?
R. Tranne che per quest’intervista, no. Erano anni che non pensavo a quei fatti lontani. Non avevo idea che vi potessero interessare.
D. Ci permetta un’ultima domanda, e poi la lasciamo andare col suo secchio di pesce fresco. Lei è al corrente della cattura, da parte di Michael Schleisser, due giorni dopo gli eventi di cui sopra, di un giovane squalo bianco di due metri e mezzo?
R. Un che?
D. Uno squalo bianco. Mi scusi, voglio dire quello nero sopra e bianco sotto.
R. Ah, quello. Ovviamente no. Ma dove sarebbe stato catturato?
D. Raritan Bay.
R. Non ero mica l’unico squalo nei paraggi.
D. Ma questo aveva resti umani nel suo stomaco. Lo si è più volte identificato come lo squalo responsabile dell’attacco a Vansant, Bruder, e i tre di Matawan Creek. Lei conferma che non è così.
R. Ma certo. I tre di Matawan sono roba mia. Questi Bruder e Vansant non so chi siano. O meglio, sì, sicuramente li ha uccisi uno squalo, da come mi è stato poi raccontato. Ma non io.
D. Lei pensa che lo squalo catturato fosse il responsabile se non altro degli attacchi a Bruder e Vansant?
R. Molto probabile, se aveva ancora in pancia della roba vostra. Forse anche lui era scappato come tutti noi a nord, aveva beccato male col cibo, e stava lì nella baia per acchiappare qualche cucciolo di squalo. Ora che mi ci fai pensare, mentre passavo da Raritan Bay al mare aperto, ricordo di aver annusato a poca distanza da me, un nero sopra e bianco sotto, e l’ho anche avvistato in lontananza. Non era molto grande. Forse era lui, chi lo sa.
D. Non si è avvicinata di più, naturalmente.
R. A un nero sopra e bianco sotto? Mi hai preso per scema?
D. Avremmo voluto sentire anche lui. Ma, appunto, è morto.
R. Ce ne sono tanti di squali, in giro. Puoi farti raccontare altre storie, se credi. Tanto basta che offri carne. E ora scusa, ma se non hai altro da chiedere, scarica quel secchio in mare e tanti saluti.
D. Ma certo, ma certo. La ringraziamo della sua disponibilità e buon appetito.
R. Di niente.


[fine.]

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