Dinosauri d'appartamento - Il bar di Sandra (2)

 


...

- Zitta tu.

- Ma se è adorabile, risponde Sandra, e le fa pat pat sulla testa.

- Piace a tutti. È quello il suo problema, commento.

- Ma se finora ti ho solo salvato le chiappe, risponde lei.

- Non da me, interviene Sandra ghignando. – Ebbene?

- Mi hai ferito.

Silenzio. Trofonia smette di masticare. Sandra sgrana gli occhi.

- In che senso?

- Io ho tutta una serie di difficoltà con le altre persone, e su questo siamo d’accordo. Te ne sei accorta perché sei un’attrice con un buon occhio, e va bene, tutto sommato di questo ti devo ringraziare – di non essere rimasta completamente indifferente, come molti altri prima e dopo di te. Ma proprio perché ero più fragile, era tuo dovere non approfittartene.

Sandra è ancora più allibita.

- Niente che si possa denunciare, per carità, non sei mica una criminale, continuo per non perdere il terreno guadagnato. – Ma a un certo punto devi avere deciso che io reprimevo qualcosa, e che la soluzione era farmi fare il tuo mestiere.

- Non mi sono mai permessa di

- Silenzio. Fammi finire. Mi hai ripetuto non so quante volte che ero represso, che non mi davo al cento per cento sul lavoro, che ancora non capivo. Mi hai promesso che una volta che avessi ‘capito’, che avessi smesso di essere tutta testa, si sarebbe aperto un mondo meraviglioso. E alla fine hai pure concluso che avevo fatto lettere all’università come ripiego, quando in realtà volevo fare clowneria o qualcosa del genere.

- Giulio, era tutto a tuo beneficio, era perché tu imparass

- Mi hai lasciato per dieci anni questa sensazione addosso, che già avevo, di essere sbagliato. Di dovere ancora e sempre capire qualcosa. Mi sono svegliato tutte le mattine sperando di avere ‘capito’, come dicevi tu, aspettando che scendesse non so quale angelo con la tromba. Mi hai regalato la sensazione acutissima e persistente di stare sbagliando tutto da sempre senza nemmeno rendermene conto.

- Hai evidentemente estremizzato ed esag

- Sì, sì, ovvio, sono uno snowflake come tutti i millennial della mia generazione o so il cazzo, devo aggiornarmi sul vocabolario, ma questa cosa te la devo dire, Sandra. Sono passati dieci anni. Faccio l’assegnista all’università e mi piace. Era la mia carriera. Forse ci sarebbe potuto essere altro, ma il punto è che questo mi piaceva. Non era un ripiego.

- Giulio, è il tuo vittimismo che ti fa pensare di essere sempre al centro dell’attenz

- Il motivo per cui ti sembrava che non dessi mai il cento per cento, concludo finendo il tè bollente alla goccia – era che non mi piacevi, non mi piaceva come lavoravi, non avevo nessuna stima del tuo talento o della tua gestione della tua compagnia, ma ormai avevo firmato e dovevo finire il tirocinio, e mi sarebbe sembrato scortese andarmene.

Appoggio la tazza sul tavolino, le lascio i soldi, mi alzo.

- E questo è quanto. Se vuoi rispondere, il mio numero di telefono è sempre quello. Andiamo, Trofonia.

Trofonia scatta in piedi e mi segue a quattro zampe verso la porta. Sandra si alza, vorrebbe forse trattenermi, poi si siede pensierosa. Intanto io sono già uscito. Trofonia ha il buon senso di non aprir bocca e si accomoda sul retro della macchina senza fare troppe storie.

Commenti

Post popolari in questo blog

Dal *Mauretania*

Un perchè

Da *Il primo viaggio*