Dinosauri d'appartamento (parte 13)

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È che purtroppo, tra colonna vertebrale parallela al terreno, coda che si sta irrigidendo, e la ritrazione del muscolo caudofemorale, se decide di mettersi a correre Trofonia è velocissima. Sicuramente più di un precario universitario con la pancetta. Vagabondo per i boschi, sperando che mi ritrovi con il naso. Incappo in un cartello: riserva di caccia. Ma no, figurati se ci entra. Le ho pur detto che non deve farlo.


Sento qualche sparo in lontananza, il solito nugolo di uccelli che si dilegua, i cani che abbaiano all’orizzonte. Ordinaria amministrazione. E poi ad un certo punto, mi pare di vedere qualcosa nascosto sotto un pino mugo, quelli che stanno attaccati a terra. Qualcosa di grosso e con la coda.
- Trofonia?
Mi risponde un guaito. C’è sangue sulle fronde intorno. Con gli occhi sbarrati e senza respirare, mi avvicino.

Trofonia è accucciata alla base del tronco, protetta dalle fronde di aghi. C’è un foro di proiettile – grazie al cielo, di striscio – poco sopra una delle sue vertebre lombari. Il sangue ha inzuppato la livrea e il giubbotto, ma quando tocco realizzo che si è fermato – non c’è emorragia. Trofonia mi guarda con gli occhi enormi, da cucciolo, e trema senza riuscire a fermarsi.
- Sei scappata in tempo. Meno male.
- Ma perché mi hanno sparato…?
- Ti avranno presa per un cinghiale. Hai molto dolore?
Trofonia continua a tremare. Più per lo shock che per altro. Se non sapessi che non piange come noi umani, direi che lo sta facendo. Ogni tanto manda dei piccoli, brevi lamenti, come singhiozzi. Ho sentito certi corvi addomesticati fare questi suoni.
- Riesci ad alzarti?

Nessuna risposta. Mi tocca portare la macchina fin dove posso, e trascinare Trofonia dentro, sui sedili posteriori. Il sangue si è già fermato, dio benedica i dinosauri, resistenti come il ferro. Mentre andiamo dal veterinario, Trofonia riesce a dirmi:
- Non voglio uscire mai più dal tuo giardino, Giulione.
- Vorrei tanto crederti, piccolina. Ma per il bene delle mie begonie, credo che dovremmo uscire più spesso. Magari senza che tu te ne corra come una matta da sola per la foresta.

Trofonia mi risponde. Allibito, mi volto verso di lei:
- Scusa, da quando sai fare le pernacchie…?

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