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Visualizzazione dei post da 2011

On the road

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Più o meno da queste parti, nella verdeoscura piana del Po, si trova Bomporto . Un ridente paesino sistemato beatamente fuori Modena, tra Sant'Agata e Nonantola, costituito da un centro cittadino, un municipio, una chiesa o due, Lorella abbigliamento e la gloriosa Banca Popolare della Riva Destra del Panaro - chissà se ha risentito della crisi. E fin qui, direte voi, mi interessa meno della diffusione delle araucarie nel Triassico Medio. A me quest'ultimo argomento interesserebbe parecchio, ma lasciamo perdere. Una sera di mercoledì ho imbarcato la folle Nunzia's, già nota come creatrice dell'universo e del bordello che in esso prospera, e siamo andati a Bomporto ad assistere ad uno spettacolo, Buchi nel cuore , scritto e interpretato dalla mia referente di tirocinio, Angelica. Il viaggio è stato degno di nota. Urlavamo come scimmie perché non trovavamo quest'accidente di paesino, e ci siamo pure persi. Ma che è quella roba, una piadina? Giovi, dovevo pur mangi

Purificazione

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Ho lasciato per un paio di giorni la mia casa in campagna, per un rito di purificazione. C'illudiamo che la nostra vita ce la faccia passare liscia. Invece vedo ancora, tra i sogni ed i lampi notturni, la mia città di quand'ero diverso, sulla pianura abbacinata, tra i due fiumi. E le sue fondamenta mi pesano sul torace. No, no, non posso. Devo andare. Ho chiuso casa, ho avvertito le mie figlie, sono andato in stazione. Per strada ogni tanto si vedono i ragazzini che spingono per giocare le carcasse delle automobili, a secco da decenni. I biglietti per il treno li ho pagati la metà dichiarando le mie condizioni di salute: ho portato la peste dentro me stesso, è una macchia sulla mia pelle - e devo strapparmela via. Le mie figlie hanno insistito per accompagnarmi: al massimo, quando saremo arrivati al santuario, se ne andranno in giro per la foresta a curiosare. Il treno corre in silenzio per le colline, ed è quasi vuoto. Le mie figlie se ne stanno zitte nei sedili

Red Death

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Non vide gli scheletri che spuntavano tra le rocce; non si accorse delle lunghe vertebre, delle scapole, dei femori che un tempo avevano retto zampe come le sue, colli come il suo - non riconobbe nelle orbite vuote dei crani le tracce dell'occhio dei suoi fratelli e sorelle. Andò avanti, addentrandosi nella stretta gola, seguito da quei due o tre suoi simili, magri da fare spavento, che erano scampati alla febbre ed alla siccità. Andarono, il collo troppo pesante e il passo instabile, verso altri scheletri ed altre rocce, in quell'inizio di serata scarlatta, mentre il sole moriva di emorragia. Il sauropode che era avanti non pensava a nulla; avanzava. E tese il collo, portò la testa verso i cactus e i relitti di felci delle pareti, per spiarne la consistenza. Non vide che ad un certo punto la roccia da grigia diventava rossa, che si muoveva, che aveva due occhi gialli - la demenza della morte era con loro, e il carnosauro si sporse come se niente fosse sul confine tra

Il folletto di Londra

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Questo luglio me ne sono andato a Londra in vacanza, per una settimana. Le mie intenzioni iniziali erano di andarci da solo, e così almeno mi pareva - nei primi giorni. Le apparenze, si sa che tradiscono. Per carità, Londra era splendida: guardate il ponte sul Tamigi: O Piccadilly Circus, che è praticamente l'ombelico del pianeta. L'ho attraversato di corsa da un capo all'altro per sei o sette volte in cerca di una fottuta libreria a sei piani dove mi sono procurato, sbavando di lussuria, l'ultima, maledettamente satura di dati, biografia di Jane Austen. In un'altra libreria mi sono prestato all'orrenda gag: 'Good afternoon... I'm looking for a book'. 'Oh! You're lucky. We've thousands .' Ma putt... amen, me le vado a cercare. Ho conosciuto Malcolm, il mio doppio: uno svanito libraio malvestito e occhialuto, calmo come un essere superiore. Ma queste sono altre storie. Appena cominciò la mia permanenza a Londra, cominciai

Una storia

Tempo fa, ho inoltrato una domanda di trasferimento in un'altra città per motivi di lavoro. Non ho rivelato il motivo vero della mia richiesta: tutti avranno probabilmente pensato che cercassi possibilità economiche o di carriera; in realtà, era la città in sé che mi attirava. Un luogo – devo dire – incantevole. Circondato da basse mura, proprio in cima ad una collina inondata di sole e inverdita di foreste e stradicciole ripidissime. Per arrivarci, a piedi (e non c'era altro modo), credo di averci messo settimane intere. Quando, finalmente, sono riuscito ad entrare dalla Porta della Testa, avrei stappato volentieri una bottiglia di spumante, se solo bevessi. La popolazione sembrava cordiale, anche se se ne stava un po' per i fatti suoi – e giustamente, perché vivevano lì ormai da anni, e io ero l'ultimo arrivato; per giunta, provenivo da regioni molto lontane. Gli abitanti (non moltissimi, in verità), vivevano in un condominio ampio circondato da un parco, pro

Madri

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Dio che freddo quassù in collina. Ogni volta che mi sveglio è la stessa storia. Aspetta che mi metto sulle quattro zampe. Eeeeeccoci qua. Dov'è mia sorella? Ah, sì, dietro di me. Già sveglia? Strano. Dico 'strano' perché mia sorella non è mai molto sul chi vive, a differenza di me. Sono quasi sicura che i neonati che ha nel nido non sono lo stesso numero delle uova che ha deposto, qualche mese fa. Se ne sta lì a sonnecchiare e qualche piccolo troodonte le frega un uovo da sotto il muso. Oh, pare uno scherzo, ma anche quando veniamo tutte e cinquecento a fare il nido quassù, a ranghi serrati, qualcuno trova sempre il modo di sgattaiolare in mezzo alla mandria.  Io invece non sto mai tranquilla da quando sono madre - questa storia della riproduzione è letale per i miei nervi. Scavare il nido è abbastanza facile, lì vado a istinto. Ma poi sorvegliare 'ste uova finché non si schiudono, vorrei vedere voi. Mi giro, mi alzo, cambio posizione, scruto il nido, sento

Immaginarseli vivi (3)

I personaggi di questo dialogo sono esistiti; gli avvenimenti a cui partecipano hanno avuto luogo. Sulla loro mentalità e i loro caratteri, dovrete fidarvi dei miei venti-e-qualcosa anni di esperienza come Homo sapiens sapiens e i quindici-e-passa di pasticci con la storia antica. giardino del palazzo di Alessandria d'Egitto, in un torrido agosto del 258 avanti Cristo. Sullo sfondo, la città brulica di vita; il porto è fitto di vele. Le grida dei mercanti ammassati nelle ἀγοραί  gonfiano l'aria grossa e scura. Il giardino è circondato da palmeti che ombreggiano le tenere fioriture attorno ai laghetti e ai sentieri di terra battuta. Seduto su uno sgabello, Apollonio sta dettando ad uno scriba la nota spese delle νομοί  del Delta. Entra dal palmeto a sinistra, con fare timido e la tunica impolverata e lisa, Zenone. APOLLONIO (dettando)  - E per la ricostruzione dell'ala del Serapèo crollata, ottantamila dracme. Segna però a lato che metà le ha pagate Antìpatro di